Giorno #36: A Mani Vuote.

Il portellone del Saab 2000 sembra bloccato, forse a causa dell'acqua e del ghiaccio. Rimarremo a bordo fino a domattina almeno, speriamo che la temperatura si alzi. E che la neve si sciolga, così da far entrare un po' di luce dai finestrini.

La stessa situazione di stallo vissuta al salone, con la differenza che là eravamo accerchiati da decine di zombie. Ci abbiamo messo l'intera notte a preparare un piano e a radunare il necessario, con lo sguardo rivolto ogni pochi secondi alla vetrina per paura di esser stati visti. Alle prime luci dell'alba di ieri, siamo strisciati vicini alla porta con Viola davanti.
Siete pronti?” Abbiamo annuito. “Allora andiamo.”
Ha abbassato la maniglia e ha tirato la porta verso di sé, un centimetro alla volta. Tra noi e i due SUV incolonnati davanti al negozio c'erano tre zombie, ma avevano lo sguardo rivolto verso Ponte Tresa: non ci avevano notato. Viola ha allungato la testa e guardato a sinistra.
Okay”, ha sussurrato, “fino alla porta dell'armeria ce ne sono solo quattro. Preparatevi.”
Io e Massi abbiamo afferrato con la mano destra una bamboletta di lacca, mentre con la sinistra reggevo io un accendino, lui il suo Zippo. “Okay, ripetiamo la procedura: voi andate davanti e io sfilo a sinistra. Andiamo.”
Lei si è abbassata e io e Massi le siamo passati davanti, sullo stipite della porta. Abbiamo acceso gli accendini e premuto sui tappini delle bombolette, creando fiamme lunghe due metri. Massi ha puntato la lingua di fuoco verso due zombie sulla destra, io ho liberato la via sulla sinistra. Quasi non si sono resi conto di avere i vestiti incendiati, e prima che si buttassero addosso a noi li abbiamo spinti via con dei calci all'altezza dello stomaco.
Muoviti, muoviti!” ho gridato a Viola.
Lei è sgattaiolata davanti alla vetrina dell'armeria e ha spinto sulla porta. “Chiusa anche questa, cazzo!”
Intanto gli zombie si stavano affollando intorno a noi e si facevano sempre più vicini, nonostante le fiammate. La mia per di più si faceva sempre più corta, la bamboletta si stava scaricando e ne avevo solo una mezza vuota di riserva.
Piano B, piano B!” ho urlato e Viola ha estratto il martello che aveva trovato in un angolo del salone. Ha cominciato a colpire la base inferiore della porta vetrata finché non ha creato un varco abbastanza largo da passarci.
Ce l'ha fatta, è entrata?” mi ha gridato Massi.
Sì, tieni duro.”
Dopo pochi secondi Viola ci ha aperto e siamo entrati di corsa. Viola ha spinto la porta ma uno di loro si era già fatto avanti e aveva allungato le braccia, impedendole di chiuderla.
Allontanatelo, allontanatelo!”
Abbiamo iniziato a colpire con i coltelli le braccia dello zombie, ma non sembrava sentire niente.
AAAAH!” ha gridato Viola prima di cadere a terra.
Abbiamo abbassato lo sguardo: uno di loro era scivolato attraverso il buco e l'aveva afferrata per uno stivale. Gli ho conficcato un coltello in testa, ma un altro si stava già facendo sotto.
Non ce la faremo mai, andiamo!” ho detto a Massi.
E ce ne andiamo senza neanche prendere un'arma?”
Non c'è tempo, dobbiamo muoverci. Viola, vai ad aprire la porta sul retro.”
Lei è andata via. “Io non me ne vado senza delle munizioni” mi ha gridato Massi mentre tirava calci agli zombie a terra e colpiva con i pugni quelli davanti alla porta.
Non c'è scelta, lo capisci?”
Ci ha interrotti la voce di Viola.
Ragazzi, la via è libera – muovetevi!”
Ho abbandonato la porta e sono corso da lei, dopo qualche secondo mi ha seguito Massi. Le munizioni e le armi erano tutte chiuse dietro a vetrine con serrature, né io né lui siamo riusciti a prendere niente.
Siamo usciti e ci siamo allontanati il più in fretta possibile dalla massa di zombie ammucchiata contro la finestra del salone Patty. Ci hanno inseguito, ma abbiamo allungato di molto il giro nei boschi per sviarli. Tra un cespuglio e un albero, ho notato che Viola aveva una faretra piena di frecce sulla schiena.
Almeno non torniamo a mani vuote, ho pensato.

Giorno #36: Salone Patty.



La notte è trascorsa lenta e pesante. Sta piovendo ora, o nevicando, non lo so: tutti i finestrini del Saab 2000 sono coperti dalla neve, ma l'importante è essere riusciti a resistere al freddo sino a stamattina. E a esser riusciti a tornare all'aeroporto, dopo quello che ci è capitato ad Agno.

Ci siamo mossi mercoledì mattina, destinazione armeria Bianchi. Ci siamo mossi prima verso ovest per valutare se vi era la possibilità di attraversare la cantonale, ma lì era peggio dell'autostrada – sembrava che al momento del contagio, tutto il mondo volesse raggiungere la dogana di Ponte Tresa. Me li vedo, i 60 mila frontalieri che fanno dietrofront tutti insieme. E potevo solo immaginare l'imbottigliamento che c'era all'altezza dell'incrocio infame, quello della svolta verso Serocca e Bioggio.
Abbiamo fatto dietrofront e siamo passati dai campi dietro gli hangar dell'aeroporto, per poi tagliare verso ovest e convergere a sud attraverso boschi e vigneti, così da avvicinarci al nucleo di Agno. Le strade erano tranquille, tutti gli zombie dovevano essere attorno alle strade principale. A un certo punto mi sono fermato e ci siamo acquattati dietro a un muro.
La vedete quella porta bianca? Quella dell'edificio color ocra” ho sussurrato a Massi e Viola.
Ocra? Che cazzo di colore è l'ocra?” mi ha chiesto Massi.
Viola ha sbuffato. “Quello giallo.”
Ecco”, ho ripreso io, “quella è la porta sul retro dell'armeria.”
E allora che aspettiamo? Andiamo là e ci prendiamo quello di cui abbiamo bisogno!”
Massi è scattato in avanti e io e Viola l'abbiamo seguito a mezzi passi, guardandoci intorno. Lui ha raggiunto l'edificio, si è sporto all'indietro e ha abbattuto la spalla sulla porta. Niente. Ha riprovato due o tre volte, ma non si muoveva di un millimetro. Intanto, io e Viola abbiamo ispezionato la finestra, ma aveva delle sbarre d'acciaio ed era impossibile da forzare.
Cazzo, è rinforzata. Fatevi indietro” e ha imbracciato il fucile, puntandolo verso la serratura.
Massi no, succede un casin–” ma una raffica mi ha interrotto.
Massi ha provato ancora ad aprirla con un calcio, senza riuscirci.
Porca puttana!” ha esclamato.
Porca puttana!” ho ripetuto io, ma non per la porta. “Stanno arrivando.”
Dalla sinistra un gruppo di zombie si stava facendo avanti, e anche da destra ce n'erano un paio diretti verso noi.
Torniamo indietro, subito” ha ordinato Viola, ma anche sulla via di fuga c'era una mezza dozzina di morti viventi.
Seguitemi” ha detto Massi, aprendo il fuoco verso di loro. Ne ha fatti secchi un paio, ma dietro ne stavano arrivando un mucchio d'altri – la strada del nucleo era ormai intasata. In più, i colpi avevano eccitato gli altri che ora si muovevano più veloci. Lui ha estratto le spade. “Venite, merdosi, venite a prenderle!”
Smettila Massi, non ce la faremo mai” ha urlato Viola e ha fatto un paio di passi a lato, sulla destra: c'era una finestra bassa senza protezioni. Ha sferrato due calci bassi e ha sfondato il vetro. “Di qua, muovetevi!” e si è infilata nel locale. Io e Massi l'abbiamo seguita. “Gli scaffali, presto!”
Io e lui ci siamo messi ai lati di due mobili in compensato stile Ikea, ma abbastanza alti da coprire l'apertura.
Li abbiamo piazzati davanti alla finestra e abbiamo spinto con le mani sui ripiani, per reggere l'urto. I versi degli zombie si facevano sempre più vicini, e a poco a poco la pressione si è fatta sempre più forte. Viola ha spinto una cassettiera in metallo con sotto le rotelle fino alle librerie, poi ci ha aggiunto due poltrone in pelle con base in acciaio. Tutti e tre ci siamo seduti a terra, con la schiena contro i mobili. Sembrava tenere, anche se la spinta non diminuiva e a ogni colpo qualcosa cadeva dallo scaffale: un barattolo di gel, una soluzione per una tinta, dei pettini di plastica. Solo in quel momento ho notato che Viola si era tagliata a una gamba col vetro della finestra.
Viola”, ho sussurrato, “ma tu sei ferit–”
Lascia perdere, non è niente. Preoccupiamoci piuttosto di quelli” e ha accennato alla vetrina principale.
Ho alzato di qualche centimetro il collo per poi riabbassare subito la testa: la strada era infestata di zombie e tra noi e loro c'era solo un vetro con scritto “Salone Patty”. Se ci vedevano, eravamo fatti.
E adesso cosa facciamo?” ho chiesto.
Massi è rimasto in silenzio, Viola ha raccolto una bottiglietta da terra: doveva essere una specie di soluzione alcolica per disinfettare i rasoi. L'ha stappata e se l'è rovesciata sulla gamba. Ha teso le mascelle e preso un lungo respiro. “Aspettiamo. Un'idea ci verrà.”


Proseguo dopo, ora ci prepariamo qualcosa da mangiare.

Giorno #35: Scampati.

Sisamo torenati pocvhe ore fa. Siamo sudslff'aereo, Ne ve e frewddo, muovo a malapewena le dita. Nessauns ferita,ma è stata dura. ResisTIamo finno a domangif.

Giorno #33: Quarantotto, Settantadue Ore al Massimo.



La serata di ieri l'abbiamo trascorsa a gozzovigliare a bordo del Saab 2000 in compagnia di Jessica e Federico. Non rimaneva molto da mangiare, a bordo: qualche pasto precotto in vaschette d'alluminio, cinque o sei snack e un po' di succo di frutta. Abbiamo rovesciato su un sedile le nostre provviste e abbiamo cenato alla bell'e meglio.
Era da prima di Natale che stavano lì dentro, dal primo giorno di contagio. Si vedeva dai loro vestiti, macchiati e logori. Si sentiva dal loro odore, un misto di sudore e muffa. “Ogni giorno sembrava quello giusto per scendere e perlustrare i dintorni” ha raccontato Federico, “ma poi ci dicevamo che le provviste erano sufficienti e che si poteva aspettare ancora un po'” e ha abbassato lo sguardo. Aveva paura, il ragazzo. Di essere sovrastato dagli zombie. Di vederne arrivare ancora e ancora, senza una fine.
Abbiamo quindi iniziato a razionare il cibo una settimana fa” ha proseguito Jessica, “volevamo arrivare sino alla fine di gennaio. Ma per fortuna, siete arrivati voi.”
Tra le altre cose, è saltato fuori che Federico era sì un pilota, ma di velivoli leggeri. Aveva preso lezioni da un tale che lavorava anche al Corriere del Ticino e aveva preso il controllo al massimo di un Piper, mai di un “bestione come un Saab 2000”, queste le sue parole.
Ma saresti in grado di pilotarlo?” ha chiesto Massi, scrutandolo.
Dovrei prima recuperare i manuali, a bordo non li ho trovati. Sono quasi sicuro però che in ufficio ci siano.”
Ci puoi arrivare passando per il gate dell'aeroporto?” ho chiesto io.
Ha annuito. “Senza problemi.”
E dopo quello, in quanto tempo pensi di riuscire a volare?” ha domandato Viola.
Tra lo studio, le prove e la formazione di uno di voi come eventuale secondo pilota... Quarantotto, settantadue ore al massimo. Ma perché? Avete una meta?”
Gli ho raccontato di Zurigo e dei ricercatori impegnati nella ricerca di una cura al virus. Certo, era anche possibile che fosse già stata trovata, bisogna solo raggiungerli. Federico e Jessica si sono illuminati.
Dobbiamo partire al più presto”, ha detto lei.
Riuscireste ad aprire le porte per il gate?” ha chiesto lui.
Massi gli ha fatto un cenno con la testa. “Domani. Aspetta e guarda.”

Questa mattina l'abbiamo così passata a ripulire i locali dell'aeroporto. Una passeggiata per Massi e le sue due spade. Ha iniziato tagliando la testa in due a una ragazza addetta al chiosco e ha poi decapitato un ciccione della sicurezza, rinchiuso nella cabina del controllo passaporti. Pensavo di trovare una pistola da qualche parta, ma probabilmente le tenevano in qualche cassaforte.
Dopodiché siamo passati ai banchi del check-in e Massi ha infilato la punta della spada nella massa molle del cranio di una rappresentante di Swiss, il foulard ancora al collo. Infine siamo entrati negli uffici e ha atterrato uno zombie che un tempo doveva essere un impiegato: aveva occhiali dalla montatura scura e spessa, le penne nel taschino della camicia e i capelli pettinati con la riga. Massi gli è salito sulla pancia quando ancora si dimenava e gli ha appiattito la faccia a forza di calci.
Abbiamo accompagnato Federico e quasi si è messo a vomitare quando ha visto il corpo dello zombie-nerd. Bianco in volto, ha raccolto le carte ed è tornato all'aperto. Noi ne abbiamo approfittato per passare in rassegna i locali, recuperando patatine, cioccolato, biscotti e bevande dal chiosco. Con l'aiuto di Jessica abbiamo anche sistemato una scala davanti al portellone del Saab, così da non dover sempre salire con la scaletta di corda. E abbiamo pure smantellato qualche sedile, così da stare più comodi a bordo.

Nel pomeriggio abbiamo studiato la situazione circostante: la piazzola dalla quale eravamo arrivati contava solo cinque zombie, ma ce n'erano molti di più sul perimetro esterno, appoggiati alla rete metallica. Una cinquantina, a occhio e croce. Per il momento sembravano abbastanza calmi.
Abbiamo valutato la possibilità di entrare alla Migros di Agno e recuperare un po' di provviste, ma è svanita in fretta. Le porte di vetro erano aperte e se il parcheggio pullulava di zombie, chissà com'era la situazione dentro.
Proprio come diceva George Romero” ho detto con il binocolo davanti agli occhi. “I morti viventi seguono degli stimoli sociali regressi e si ammucchiano in quei posti dove un tempo erano soliti radunarsi. Per nostra sfiga, al supermercato.”
Massi ha sputato per terra. “Recluta, dove hai detto che era l'armeria di cui parlavi l'altro giorno?”
Ho puntato il dito verso la strada che portava a Ponte Tresa, piena di automobili incolonnate e teste marce. “In centro ad Agno, oltre la Migros e il distributore della Migrol. Un centinaio di metri al massimo. Se vuoi, posso studiare un percorso di avvicinamento.”
Fallo, voglio essere là al più presto.”

Ho finito di studiare le mappe qualche minuto fa, ora è tempo che riposi.

Domani dovremo essere pronti a tutto.

Giorno #32: Destinazione Aeroporto.



Siamo partiti dalla villa di Carabietta questa mattina, in direzione nord. Abbiamo trascorso l'intera mattinata a perlustrare il golfo d'Agno, ma le zone dei campeggi non offrivano punti d'attracco sicuri.
Troppi zombie tra le roulotte” ha sentenziato Massi.
Puntiamo verso la foce, ho un'idea” ho proposto.
Ci siamo diretti verso il fiume e abbiamo fermato la barca sulla costa sinistra: la corrente era troppo forte, non si poteva andare avanti più di così. E il pendio era così pieno di piante e rovi che era impossibile proseguire a piedi.
Allora recluta, qual è la tua cazzo di idea?”
In tutta risposta, ho afferrato lo zaino con entrambe le mani e mi sono calato nell'acqua fino alla cintola, appoggiando i piedi su un grosso sasso scivoloso. Dopo qualche passo controcorrente mi sono voltato.
Così non lasciamo né tracce, né odori. Ed evitiamo di venire attaccati alle spalle.”
E poi? Vuoi marciare così fino alla sorgente?” mi ha chiesto Viola.
Là davanti c'è l'aeroporto di Agno, forse una delle poche strutture recintate in Ticino che non ha al suo interno un migliaio di morti viventi pronti ad azzannarci. Dovremmo trovare acqua e cibo. Penso che valga la pena controllare.”
Non hai tutti i torti” e anche Viola si è calata in acqua.
Massi ha scosso la testa, accorciato i lacci dello zaino e si è immerso anche lui fino alla vita. Ha controllato che la barca fosse ben agganciata alla riva e ci ha seguito.
Dopo una cinquantina di metri, sono uscito dal fiume e ho strisciato sotto i rovi per dare un'occhiata al sentiero che correva lungo il perimetro dell'aeroporto: vedevo un paio di zombie bloccati in mezzo alla strada, ma niente di troppo pericoloso. Ho aspettato che gli altri mi raggiungessero, ho fatto loro un gesto e superato di corsa la passerella per poi discendere un pendio di quattro o cinque metri. Ho appoggiato gli scarponi in un fiumiciattolo e mi sono voltato: Viola e Massi mi hanno raggiunto qualche secondo dopo. Un paio di zombie si erano voltati e stavano già trascinando i piedi verso di noi.
Di là!”
Abbiamo seguito il corso d'acqua sotto una piccola galleria in pietra e siamo sbucati in una piazzola dell'aeroporto recintata da ramine alte due metri o poco più. Sulla pista c'erano una manciata di morti viventi, tutti vestiti da aviatori, agenti di sicurezza o hostess.
Bene, significa che il posto è isolato.
Ho estratto le tronchesi dalla tasca e ho creato un passaggio alto 40 centimetri.
Via via!” ho sussurrato, mentre dalla galleria stava sbucando il primo zombie. Sono passato di là anch'io mentre Viola si sfilava la cintura: ha infilato i due capi ai due lati del varco e l'ha stretta più che poteva, sigillando la rete di metallo.
Abbiamo passato le due ore successive a ripulire l'area: io e Viola li attiravamo verso noi senza far troppo rumore, Massi li attendeva al centro della pista, sul lato opposto a quello dove eravamo arrivati: non appena raggiungevano i corpi dei loro compagni, li ghigliottinava con un colpo secco. Ne abbiamo fatti fuori una dozzina, così.
Siamo poi andati a caccia di provviste, o perlomeno di un posto dove dormire, ma gli hangar erano tutti chiusi e così il gate dell'aeroporto. Ci siamo messi all'ombra di un Saab 2000 per appoggiare gli zaini e riflettere sul da farsi.
Abbiamo provviste per circa un paio di giorni” ha detto Viola, “ma senza un posto al coperto o un fuoco serviranno a poco.”
Ho scosso la testa. “Siamo in pianura, accendere un fuoco significa attirarli qui da tutto il Malcantone. E non penso che le recinzioni sul perimetro reggano più di quel tanto, nonostante le basi in cemento e il filo spinato.”
Non ci resta che far saltare la porta o un vetro” ha ripreso Viola. “Vediamo in giro se c'è qualcosa che fa al caso nostro. E veloci, che tra poco cala il sole.”
Mi sono rotto il cazzo di faticare per niente” ha esclamato Massi gettando il berretto a terra.
In quel momento, la porta del Saab 2000 si è aperta ed è spuntata la testa bionda di una donna vestita con una camicetta e un gilet blu scuro. Lui ha subito messo mano al fucile.
Chi cazzo sei tu?” gli ha abbaiato addosso.
Lei ha alzato le mani. “So-sono Jessica, lavoro qui... Lavoravo qui, come hostess.”
Da quanto tempo sei là dentro?”
Da-da tre o quattro settimane, non me lo ricordo nemmeno più.”
Massi ha teso ancor di più i muscoli e chiuso l'occhio sinistro, il Fas 90 sempre puntato sulla donna. “C'è qualcun altro con te?”
Sì signore, ci sono anche io” ed è spuntato un giovane gracile, dai capelli corti e qualche brufolo sulla fronte. Anche lui aveva le mani alzate.
E tu chi sei? Lo steward di 'sti cazzi?”
Lui ha fatto di no con la testa. “A dire il vero, sono un pilota.”
E su quell'affermazione, anche Massi ha dovuto abbassare il fucile.

Giorno #29: Un Mondo che Cambia.



Ho riflettuto a lungo sulla necessità di pubblicare questo post, questa notte ho dormito un paio d'ore al massimo. Ma è giusto che il mondo sappia. Sempre che esista ancora, un mondo.

Ieri mattina mi sono alzato all'alba, convinto che saremmo partiti in direzione del lido di Melide da lì a pochi minuti. Massi si è però fatto vedere solo alle nove e ci siamo imbarcati verso le 10. Si è messo lui ai remi. Ha diretto la barca in direzione nord all'altezza di Morcote e mi sono posizionato sulla punta, per scorgere per primo il lido di Melide. Ci abbiamo messi parecchi minuti, prima di essere abbastanza vicini: la costa era infestata di zombie, non c'era più un angolo libero sul prato. Il sopravvissuto era di schiena, seduto al centro della piattaforma con una coperta sulle spalle e una sulla testa. Immobile.
Sta ancora dormendo.
Mi sono alzato in piedi e ho preso a sbracciarmi.
Non una parola finché siamo là. E nemmeno un gesto”, ha ordinato Massi.
Mi sono messo a sedere e ho aspettato. Una volta attraccati, Massi ha imbracciato il fucile e con un salto è atterrato sulla piattaforma. Solo a quel punto il sopravvissuto è sembrato scuotersi.
Eccoci, siamo arrivati!” ho detto.
Massi mi ha puntato il fucile in faccia. “Ti avevo detto di stare zitto, recluta. E se provi a scappare con la barca, sparo a tutti e due e me la riprendo a nuoto.”
Ma che cos'hai in mente?” gli ha chiesto Viola.
Voglio spiegarvi qualcosina, ecco tutto.”
In quel momento il sopravvissuto si è voltato: aveva la pelle così pallida che intravedevo le vene sulle guance, le occhiaie scavate e bluastre, gli occhi insanguinati con le iridi bianche.
Si era trasformato.
Si è alzato in piedi, le coperte gli sono cadute di dosso. La ferita al polpaccio si era annerita e attorno si era creata una chiazza rossastra. Ha spalancato la bocca e ha mosso due passi verso Massi con le braccia allungate.
Voi credete che il mondo sia ancora quello di una volta, vero? Dove c'è la fiducia, la solidarietà e tutti quei cazzo di buoni sentimenti” e ha schivato lateralmente lo zombie, facendoli due pacche sulla schiena. Poi si è spostato sull'angolo opposto della piattaforma, mentre il morto vivente si voltava.
Voi credete che questa sia una specie di simulazione, come in quei merdosi giochini di guerra che quei piscialletto delle reclute si portano in camerata” e ha saltato, facendo ondeggiare la piattaforma. Lo zombie ha perso l'equilibrio ed è caduto sul sedere. “Dove basta vivere alla vecchia maniera, per venirne fuori. Come se si trattasse così, di una scossa temporanea.” Il morto vivente si è rialzato e si è rimesso in marcia verso lui.
Voi credete tutto questo, e dovete smetterla, per la puttana. Il mondo è cambiato, le persone sono cambiate. Bisogna agire di conseguenza. Con freddezza” e gli ha tirato un calcio sulla coscia destra, facendolo cadere sulle ginocchia. “Determinazione” e gli ha centrato la fronte con un pugno, così da farlo cadere sulla schiena. “Forza” ed è saltato a piedi uniti sul suo petto mentre lui si dibatteva, ringhiava e cercava di afferrarlo con gli artigli.
Massi è sceso dal corpo e si è avvicinato a noi. “Fidatevi ancora una volta delle parole di qualcuno, e sarà la vostra fine. Ma non per mano loro” e ha indicato la costa. “Per mano mia.” Lo zombie intanto si era rimesso in piedi e stava ondeggiando alla ricerca della preda. “Bisogna sempre guardarsi akle spalle, ficcatevelo in quella cazzo di testa.” Il morto vivente si era girato del tutto, l'aveva individuato e stava camminando verso lui. Avremmo dovuto avvisarlo, ma sia io, sia Viola siamo rimasti in silenzio. “E mai, mai abbassare la guardia. CAPITO O NO?”
Su quelle parole ha sfoderato la spada con la mano destra, si è voltato di scatto e gli ha spiccato la testa dal collo; mentre il corpo crollava a terra, l'ho osservata rotolare un metro più in là. Era ancora viva, sbatteva gli occhi e addentava l'aria. Ho così ripensato a tutte le cose che sapevo di lui, agli articoli che avevo letto, alle volte che l'avevo incrociato in centro a Lugano. A quello che era stato.
Ha ragione; il mondo è cambiato.
Massi ha sputato per terra e ha calciato la testa nel lago. Ha ripreso il fucile, è salito in barca e si è rimesso ai remi.


Questa mattina mi ha ordinato di individuare l'armeria più vicina. Ripartiremo presto.

Giorno #27: Il Sopravvissuto.



Stamane alle 9.45 è arrivata sul blog il commento tanto agognato: “Non siamo morti, passa pure!”
Ho afferrato il PC e sono corso di sotto da Massi.
Ci sono sopravvissuti!”
Lui ha alzato gli occhi al soffitto. “Ah, vabbé” e ha infilato due spade in altrettante guaine sistemate a croce dietro la schiena.
Allora sono andato da Viola e l'ho informata.
Avremo bisogno di mandare un segnale”, mi ha detto.
Forse ho quel che ci serve!” Sono sceso in cantina e sono tornato con una collezione di fuochi d'artificio che avevo scorto in un armadio l'altro ieri, probabilmente avanzati dopo i festeggiamenti del Primo d'Agosto. “Con questi ci vedranno di sicuro.”
Buona idea”, ha detto lei e ha caricato sulla barca due bottiglie d'acqua, dei biscotti, un kit farmaceutico da viaggio e delle coperte. “Non si sa mai.”
Siamo partiti poco dopo le 10, attorno a mezzogiorno eravamo nei pressi di Melide. Il ponte diga e la cantonale erano pieni di automobili e zombie, proprio come avevo visto tramite le webcam.
Ora in silenzio”, ha ordinato Massi alzando la mano aperta, “cerchiamo un punto dove attraccare.”
Forse conosco un buon posto.” Ho remato fino al lido di Melide, c'erano solo due o tre morti viventi sul prato. “Sul perimetro c'è una ramina alta due metri e l'unico passaggio a disposizione è davanti al bar. Dovrebbe garantirci una buona copertura, anche se temporanea.”
Va bene recluta”, ha detto il sergente maggiore appoggiando il fucile sul fondo della barca, “non fare niente finché non torno.”
Si è avvicinato
Pronti?” ci ha chiesto Massi.
Abbiamo annuito. Ha tirato fuori un Zippo da tasca e ha acceso la miccia. “Let's rock, baby.”
I razzetti sono partiti in aria e hanno fatto un bel baccano per una trentina di secondi. Abbiamo aspettato nei pressi della barca per una decina di minuti, in silenzio e pronti a partire, fino a quando abbiamo sentito un'esplosione.
Che cos'era?” abbiamo detto in contemporanea.
Ci siamo avvicinati al bar del Lido che fortunatamente aveva la porta chiusa a chiave. Uno zombie col grembiule sporco di sangue e una mano mozzata si è messo a sbavare sul vetro, tentando di raggiungerci. La situazione fuori era bella incasinata: il campo da calcio del Melide e il parcheggio di Swissminiatur erano infestati di morti viventi, almeno una cinquantina a occhio e croce. Ma non si sono interessati a noi: si stavano tutti dirigendo verso il nucleo.
Stanno arrivando!” ho detto.
Ma se stanno andando da tutt'altra parte?!” ha replicato Viola.
Non gli zombie! I giornalisti, i sopravvissuti. L'esplosione è un diversivo, stanno cercando di passare dal nucleo!”
Massi ha risguainato le spade. “Pronti a correre.”
Il tempo non sembrava passare mai e le strade verso il paese si affolavano sempre più. A un certo punto abbiamo sentito delle grida in lontananza, qualcosa di indistinguibile, poi il silenzio.
Due minuti e ce ne andiamo”, ha ordinato Massi.
Ho fatto un passo avanti e ho allungato il collo.
Possono farcela, devono farcela!
Massi ha picchiettato l'indice sull'orologio. “Tempo scaduto, si va.”
Aspettiamo ancora un attim–”
Mi si è avvicinato, il suo viso a un niente dal mio. “RECLUTA, HO DETTO CHE SI VA!”
L'alito gli puzzava di fogna, ma ho sostenuto il suo sguardo e non mi sono mosso di un centimetro.
Ragazzi, ce n'è uno!”
Viola si è guardata intorno e ha fatto una ventina di metri di corsa verso il campo da calcio. C'era un ragazzo alto dai capelli neri in lontananza, con un blazer scuro su una maglietta bianca: stava correndo verso di noi. Proveniva dalla cantonale, era riuscito a evitare l'assembramento di zombie nelle strade del nucleo; zoppicava vistosamente e ne aveva una dozzina alle calcagna.
Fermatevi, ci sono, ci sono!” ha urlato.
Pessima idea. Gli zombie diretti verso il paese si sono dirottati verso di lui mentre era ancora davanti al bar Il Grande Fratello. Rimaneva tutto il campo da attraversare.
Non ce la fa, così non ce la fa!” ha detto Viola correndo verso di lui.
Viola resta qui!” ho gridato.
Stupida puttana, partiamo senza di lei.”
Scordatelo, dobbiamo aspettarla.”
Intanto Viola aveva raggiunto il ragazzo e lo stava aiutando a correre. Erano già a metà campo, ce la potevano fare.
Dai dai dai!” ho gridato andando loro incontro. Ho preso il giovane per l'altro braccio e li ho aiutati ad accedere al Lido e a percorrere gli ultimi metri. Intanto Massi si era spostato vicino alla barca, ai remi.
Muovete il culo, stronzi!”
Ci siamo buttati sull'imbarcazione proprio mentre il gruppo di morti viventi superava il varco davanti al bar; ancora qualche secondo e ci avrebbero fatto il culo.
Mentre Massi remava verso il largo e ci squadrava con gli occhi socchiusi, abbiamo ripreso fiato.
Dove... Sono... Gli altri? E Andrea?” ho chiesto tra un respiro e l'altro.
Loro... Loro sono morti. Sono sfuggito per miracolo.”
L'ho guardato meglio. “Ma tu sei...”
Non ho potuto terminare la frase perché la barca ha urtato contro la piattaforma sul lago, a una ventina di metri dalla riva.
Ehi, guarda dove vai!” ho detto a Massi.
Lui in tutta risposta si è alzato in piedi e ha estratto una spada, puntandola al collo del ragazzo.
Tu, scendi.”
Lui ha deglutito. “Ma... Ma cosa dici?!”
Non te lo ripeterò una seconda volta.”
Massi ma che stai facendo?” ho chiesto io mettendomi in piedi. “Non sai chi è? Non l'hai mai visto in televisione?”
Non me ne frega un cazzo. Guardategli la gamba.”
Io e Viola abbiamo abbassato lo sguardo: sopra delle sneaker sporche che un tempo dovevano esser state gialle fosforescenti, c'erano dei jeans sbrindellati e macchiati di sangue sulla gamba destra.
Alza il risvolto, da bravo” gli ha mormorato Massi avvicinando la lama.
Lui lo ha guardato per qualche secondo e ha eseguito. Aveva una brutta ferita sul polpaccio. “Mi sono tagliato su una ramina arrugginita, gli altri sono rimasti impigliati e... Anche quelli che lavoravano in radio con me, sono...” Ha preso un sospiro. “Non ce l'hanno fatta.”
Plausibile” ha annuito Viola.
Hai sentito? Giù quella lama!” ho ordinato a Massi.
Lui ha sfoderato la seconda spada e l'ha puntata verso me.
Può essere come non può essere. Ora vi dico cosa facciamo: il nostro caro amico qui presente scende dalla barca e si sistema su quella piattaforma. Gli lasciamo passare la notte tranquillo, con una bella crema disinfettante da mettere sul taglio, qualche coperta, cibo e acqua. Tanto da una parte ha il lago, dall'altra un mucchio di zombie” e ha fatto cenno alla costa che ormai brulicava di morti viventi. “Non penso avrà voglia di farsi un giro. Domani mattina torniamo, sale a bordo e io gli porgerò le mie scuse. Ci sono domande?” Ho aperto bocca ma non mi ha dato il tempo di rispondere. “Nessuna domanda. Eseguire.”
Smettila Massi, tu non sai chi è lui, è in buona fed–”
Subito” e ha digrignato i denti.
Lo abbiamo lasciato lì con coperte, provviste e la crema cicatrizzante.
Allora, a domani. E scusalo, è fatto così” ho detto mentre Massi remava e la barca si allontanava dalla piattaforma. Lui si è messo una coperta sulle spalle e non ha detto niente. Si è voltato verso gli zombie e ci ha rivolto le spalle finché non sono più riuscito a distinguerlo.
Vedrai, la notte passerà in fretta” mi ha sussurrato Viola coprendosi la bocca con la mano, senza farsi sentire da Massi.

Ho fatto di sì con la testa. “Va bene. Aspettiamo.”

Giorno #26: Verso Melide.

Durante la giornata di oggi la neve in giardino si è sciolta del tutto. Abbiamo trascorso la serata a discutere sul da farsi; Viola e Massi hanno ribadito la necessità di trovare armi o munizioni, prima di continuare.
Datemi qualche fucile, delle munizioni e un paio di granate: gli faccio saltare il culo in aria a quei merdosi” ha detto il sergente maggiore, prima di sbattere il pugno sul tavolo.
A me bastano delle frecce” ha mormorato Viola.
Va bene, siamo d'accordo. Ma già che abbiamo la possibilità, propongo di fare un sopralluogo a Melide prima di continuare verso Nord.”
E dove sarebbe questa Melide?” ha chiesto Viola.
Ho dispiegato la mappa sul tavolo. “Sull'altro braccio del lago” e ho puntato l'indice sull'estremo sinistro del ponte diga.
Recluta, vuol dire tornare indietro per cinque chilometri e risalire il lago per altri tre. Non ha un cazzo di senso.”
Mi spiace essere d'accordo con lui, ma... Sono d'accordo con lui” ha detto Viola.
Sentite, fino a pochi giorni fa ero in contatto con Andrea, un giornalista di Ticino News: ha detto che erano barricati in otto in redazione.”
Redazione?” ha chiesto Massi. “E tu pensi che in una redazione di giornale troverai armi, o qualcosa di utile? Oppure pensi di trovare dei valorosi alleati? Te lo dico io cosa c'è là dentro: laureati in lettere e in scienze della comunicazione, utili come dei lecca lecca al gusto di merda.”
Ho scosso la testa. “Informazioni e aggiornamenti – ecco cosa potremmo ottenere. Là hanno di sicuro computer, agenzie di stampa, collegamenti col mondo. So come funziona, ci ho lavorato per un paio di estati. Andrea mi ha scritto che disponevano di due grossi generatori, quindi sono rimasti collegati molto più a lungo di quanto ho potuto fare io col computer.”
Quando ti ha scritto l'ultima volta?” ha chiesto Viola.
Sette giorni fa. Forse sono morti tutti, non lo so, ma comunque...”
... vale la pena andare a vedere” ha detto lei. “In ogni caso saremmo sul lago, e anche se attirassimo l'attenzione degli zombie sulle strade non riuscirebbero a seguirci fino alla villa. Basterà allontanarsi dalla costa per sviarli.”
Esatto” ho detto io.

Massi si è appoggiato sullo schienale a braccia conserte e ha storto la bocca. “Vabbé, partiamo domattina. Ma remi tu, recluta. Io prenderò il sole.”

Giorno #23: In villa.



Il tempo non ci sta aiutando.

Siamo chiusi da tre giorni in questa villa di Carabietta, abbiamo attraccato la barca al suo piccolo molo privato dopo la fuga da Riva San Vitale. L'abbiamo trovata con le finestre sprangate e le porte chiuse; abbiamo spaccato un vetro e una lucina appesa al soffitto ha preso a lampeggiare, ma per fortuna l'allarme è di quelli senza sirene.
Se arriva la polizia, tanto meglio ho pensato mentre controllavo il pianterreno alla ricerca di qualche zombie.
La casa era sgombra e il cancello in acciaio battuto che dà sulla strada sembra solido; sulla strada c'è una macchina messa di traverso e un morto vivente vicino al bagagliaio, di schiena, con la testa piegata. Ha capelli lunghi, che forse un tempo dovevano essere biondi. Una ragazza?
Come detto, le condizioni meteo si sono fatte orribili e la neve ci ha convinti a rimanere dove siamo, in attesa. La villa conta una ventina di stanze, e dopo un primo sopralluogo ognuno di noi si è dedicato a qualcosa: Massi ha trovato delle vecchie doppiette, qualche cartuccia bagnata e delle spade appese a un muro. Coi fucili ha subito capito che c'era poco da fare, ma dalle spade può tirare fuori qualcosa di buono. Le ha pulite, affilate e ora le sta ingrassando.
Viola ha trovato un tomo in italiano di non so quale scrittore russo e lo sta leggendo al piano di sopra, in una stanza con la finestra rivolta verso il lago. A differenza di quelle che danno sulla strada può tenere le persiane aperte, e penso che la cosa la rilassi.
Io mi sono messo a spulciare un po' di documenti che ho trovato in uno scrittoio. La villa appartiene a una famiglia svizzero-tedesca di nome Schwarzenbach e venga utilizzata solo nei mesi estivi. Una fortuna, perché la dispensa è rifornita di cibo a lunga conservazione.
Ho trovato anche un elenco del telefono, e con la carta aperta sul tavolo sto progettando le prossime tappe. Ne ho anche approfittato per controllare qualche sito internet, ma tutto sembra essersi bloccato al 23 dicembre, quasi un mese fa. Anche la casella e-mail non segnala nuove risposte, e sono convinto che col tempo i sopravvissuti verranno sempre più decimati. A meno che ciò non sia già successo, e gli unici a essere ancora vivi... siamo noi.


Da qualche minuto ha iniziato a piovere più forte; speriamo che l'acqua sciolga un po' di neve e ci liberi la via. Dobbiamo andarcene da questo Cantone, e al più presto.

Giorno #20: Fuga in barca.



Da una parte il Monte San Giorgio, dall'altra l'inferno della pianura, con la cantonale e l'A2 zeppe di carne marcia e denti putrescenti.
Non rimaneva molto da scegliere.
Ci siamo infilati nel fitto dei boschi verso Crotta e Albertina, fino alla zona del Rocul. Da lì ci siamo sistemati coi binocoli dietro a un tronco abbattuto e abbiamo tenuto d'occhio la situazione a Riva San Vitale.
Cazzo, zombie da tutte le parti anche là giù” ho detto scuotendo la testa.
Avevo capito che conoscevi la strada verso nord” ha detto Viola.
Recluta, questa non è la mia zona di competenza. Che proponi?”
Sono rimasto in silenzio per un po' di secondi. “Forse ho un'idea. Dobbiamo puntare al nucleo, però.”
Scordatelo, recluta. Come cazzo ci difendiamo, se ci attaccano?”
Mi sono morso un labbro. “Lo so, ma...”
Qual è il piano B?” ha chiesto lei.
Quello è il punto: non ne ho.”
Massi non ha detto niente e ha fissato la baionetta sulla punta del fucile. “Ho capito, va... In marcia.”
Con le lame sguainate abbiamo seguito la discesa fino a un centinaio di metri a ovest dalla chiesa di Santa Croce. Ho alzato un pugno come avevo visto fare al sergente maggiore (e in Forrest Gump, se per questo) e ho dato loro le ultime istruzioni.
Sotto la chiesa c'è un canale di scolo in pietra: là sotto scorre un fiumiciattolo che si butta dritto dritto nel lago. Se lo seguiamo, arriviamo nel nucleo di Riva San Vitale. Non saremo sempre al coperto, ci sarà da correre. Domande?”
Hanno fatto di no con la testa. Abbiamo messo gli scarponi nell'acqua e abbiamo seguito il fiume camminando, ma nel prato dietro la chiesa abbiamo scorto cinque o sei morti viventi e abbiamo accelerato il passo. Abbiamo proseguito la corsa subito dopo il tunnel e schivato un paio di zombie sul percorso. Il terzo Massi lo ha abbattuto con la baionetta.
Andiamo, non c'è tempo!” gli ho detto tirandolo per la manica della mimetica.
Abbiamo attraversato un altro tunnel e siamo arrivati a una trentina di metri dal lago, ma lì ce n'erano molti di più: Viola si è fermata sotto la volta di pietra, tenendosi bassa.
Che facciamo?” ha sussurrato.
Massi si è voltato. “Torniamo indietro, è un suicidio.”
Ma non li ho ascoltati. “Andiamo” e sono scattato in avanti.
Ho corso in direzione del lago e dopo una decina di passi gli zombie si sono accorti di me. Ne ho spostati un paio con una spallata e sono arrivato al porticciolo, con delle barche attraccate. Mi sono voltato: Viola e Massi non c'erano.
Sono tornati indietro, porca puttana!
Ho levato la tela cerata da una delle imbarcazioni e sono salito a bordo, ma era legata con una catena.
Merda!
Ho alzato l'ascia e l'ho abbattuta sul lucchetto, ma non l'ho nemmeno scalfito. Intanto un morto vivente era arrivato a un paio di passi da me, aveva lo zigomo spaccato e il labbro superiore smangiato via. Ho riprovato a far saltare la catena con un altro colpo: niente.
Allora ho fatto un passo sul molo verso lo zombie e gli ho staccato mezza calotta cranica con un colpo secco, ma un altro si è fatto subito sotto e mi è caduto addosso sulla barca. Pesava, il bastardo, e il rollio non mi facilitava le cose. Mentre lo tenevo a distanza con l'avambraccio destro ho portato la mano sinistra alla tasca per prendere il coltello, ma con la coda dell'occhio ne ho visto arrivare un altro.
Se sale a bordo sono fottuto.
Ho sentito una raffica di fucile e la testa del morto vivente che stavo tenendo d'occhio è stata trapassata da una freccia. Massi è arrivato sul molo e ha ficcato la baionetta nella nuca dello zombie che mi stava sopra, la punta della lama che è spuntata nella bocca e luccicava tra i denti.
Era la mia ultima freccia, spero ne sia valsa la pena” ha detto Viola salendo in barca.
Io ho buttato il corpo in acqua e Massi ha fatto saltare la catena con un colpo di fucile.
Andiamo recluta, andiamo!”
Mi sono buttato sulla barca e il sergente maggiore ha messo il piede sul legno del molo e allontanato la barca. Un paio di secondi dopo gli zombie si sono ammassati sulla riva, una decina sono pure caduti in acqua con le anatre e i cigni che sono accorsi a starnazzare.
Massi e io ci siamo messi ai remi, direzione nord.

Giorno #19: Neve.

Fermi al palo. La neve in pianura ci ha bloccato per tutto il giorno, di sole se ne è visto poco niente e i generatori sono ormai scarichi. Siamo ridotti alle candele dalle 19 di stasera.
Partiamo, andiamocene, con la caviglia ce la faccio” ho ripetuto per tutta la mattinata a Massi.
Troppo rischioso” ha risposto lui prima di sputare a terra e andarsene.
Ma che ha? Si preoccupa per me?” ho chiesto a Viola.
Ha scosso la testa. “Non hai capito una sega. Ha paura di lasciare tracce sulla neve.”
Ma gli zombie mica ci seguono, non sono mica intelligenti a quel punt–”
Si preoccupa degli altri, deficiente. Degli altri vivi.”
Cavolo, era vero. Capitava in tutti i film: prima o dopo, c'era sempre il momento in cui i sopravvissuti iniziavano a spararsi tra di loro.
Massi è tornato indietro. “Neve o non neve, domani mattina partiamo” ha detto aprendo il frigo.
Aveva visto delle orme in giro, oppure è semplice precauzione?


L'avvenimento di oggi è che ho ricevuto due nuove e-mail da parte di superstiti. Una è di Pablo, l'uomo che ha organizzato la trasmissione radio di emergenza. Stanno tutti bene, anche se mi pare siano ancora assediati negli studi di Besso e sarà difficile raggiungerli.
L'altro è Andrea – non lo sentivo più da dicembre, praticamente. Sono rimasti in otto a Melano, e per fortuna sono ancora sani e salvi. Anche loro hanno subìto diversi blackout e se la cavano con due generatori, anche se le provviste sono agli sgoccioli. Ricevono ancora notizie dall'estero: l'infezione sembra aver colpito il mondo intero, porca puttana, ma rimangono forse alcune isole incontaminate. Conferma anche che a Zurigo c'è tuttora speranza, e che probabilmente sono riusciti a isolare il virus. Altre novità non ne hanno ricevute, e temono il peggio.

Se radio e televisioni non riescono ad avere altre informazioni nonostante antenne, collegamenti e quant'altro, mi sa che rimane solo la soluzione iniziale: superare il San Gottardo e controllare di persona.

Giorno #18: Pannelli Solari.



Scrivo solo ora perché il blackout in Ticino sembra generalizzato. Le spine elettriche sono morte in tutte le case, per fortuna siamo riusciti a rifugiarci in una casa Minergie con i pannelli ancora funzionanti. Ci stiamo muovendo da tre giorni, ma non possiamo fare spostamenti troppo lunghi. Colpa della mia caviglia.

Dopo aver trascorso la notte sugli alberi, Viola e Massi sono scesi dai loro rami con l'agilità di un gatto (lei) e di uno stambecco (lui).
Recluta, muoversi.”
Mi sono sporto sul ramo indeciso se saltare o meno, poi mi sono lasciato cadere con la grazia di un elefante marino. Su una radice. La caviglia mi ha spedito nel cervello una scossa elettrica. Ho stretto i denti.
Che c'è, che hai?” mi ha chiesto Viola.
Niente, niente. Andiamo.”
Abbiamo camminato per tutta la mattina fino ad arrivare a Meride. Abbiamo trovato una casa più isolata delle altre, la porta era aperta. Siamo entrati nella cucina adiacente l'entrata e loro due hanno prelevato un coltello a testa da un ceppo di legno.
Andiamo in perlustrazione, stai qui.”
Sentivo il gonfiore crescere. “Non mi muovo.”
Sono tornati dopo dieci minuti. Massi aveva le mani sporche di sangue.
Trovato qualcuno?” gli ho chiesto.
Ha alzato le spalle. “Due bambini. Teschi molli come plastilina e denti ancora da latte. Non ci ho mosso niente.”
Viola ha scosso la testa. “E tu, perché sei sudato?”
Mi sono passato la mano sulla fronte. “No, niente... Solo che...”
Ci sono problemi, recluta?” ha chiesto Massi, piegando la testa.
Lei mi ha guardato da capo a piedi. “Sei ferito” ha detto avvicinandosi.
Ma no, è solo una botta... Solo una bruttaAAAAAAAHHHH!”
Viola aveva puntato la punta del piede sulla mia caviglia. “Strambata, eh?” e l'ha levato.
Ho ripreso a respirare, i brividi che mi sconquassavano i muscoli.
Anche Massi si è fatto più vicino, una smorfia di disgusto sul volto. “Proprio un bel cazzo di tempismo, recluta. MA PORCA PUTTANA!” e ha sfondato un armadietto con un calcio.

Quel pomeriggio abbiamo contato le munizioni: a Viola era rimasta una freccia, Massi mezzo caricatore per il Fas 90, un fumogeno e due granate. Io avevo l'ascia. La sera l'abbiamo trascorsa in silenzio, masticando. In casa c'era un bel po' di scatolame, sei porzioni di fondue pronte per le vacanze natalizie e un pacchetto di otto piattini con quel combustibile blu da mettere sotto il caquelon. Ma non ci ha tirato su molto il morale.
Il giorno dopo Viola e Massi sono andati in perlustrazione, io chiuso in casa come un bambino in affido. Verso sera abbiamo cambiato casa, e così abbiamo fatto anche domenica e stamattina. Siamo sempre rimasti a Meride: percorrere più di poche decine di metri era rischioso. O meglio: con me in versione zoppetto, era rischioso.
Per fortuna che in quest'ultima sistemazione ho trovato un po' di crema per la caviglia dietro lo specchio del bagno e dell'energia elettrica grazie ai pannelli solari installati sul tetto, così ho potuto collegare il PC.
Notizie dal mondo esterno?” ha chiesto Viola.
Ho fatto di no con la testa. “Tutte le persone contattate via e-mail non mi hanno più scritto, e anche il tizio alla radio non ha risposto. Più si va avanti, e più va peggio.”
E per finire in bellezza” è intervenuto Massi, “abbiamo un migliaio di zombie sparpagliati nei boschi circostanti, uno storpio nel gruppo e un cazzo di paese in cui le armi più pericolose custodite in case sono dei rastrelli. Fottuti rastrelli arrugginiti.”
Perlomeno non hanno i denti in plastica” ho detto io.
Ma nessuno ha riso.
Massi si è alzato in piedi. “Vado a svuotare il merlo” e se ne è andato grattandosi il culo.
Domani pensi di riuscire a camminare?” mi ha chiesto Viola.
Penso di sì. In ogni caso, ha ragione.”
Sulla faccenda dello storpio?”
Sssì, ma soprattutto sulla prima cosa. Dobbiamo muoverci, rimanere fermi non ci è di aiuto.”
Hai in mente qualcosa?”

Non ho risposto, ma un'idea ce l'ho.

Giorno #14: Segnale perso.

Rimanere fermi tutto il giorno a Tremona in attesa della trasmissione radio d'emergenza sull'invasione zombie in Ticino? Pessima idea.

Abbiamo trascorso la mattina e il pomeriggio a liberare la tenuta dai morti viventi: ne abbiamo scovati cinque, tutti in stanze diverse. Viola, coltello alla mano, non ha dato loro nemmeno il tempo di spalancare la bocca.
Come bere un bicchiere di merlot.
Abbiamo riunito quelle poche provviste che siamo riusciti a racimolare (tre salami, mezza forma di formaggella, una salamella) su un cestino e siamo tornati in cantina scommettendo sul numero di sopravvissuti rimasti là fuori e su un eventuale intervento dell'Esercito per salvarci.
“E se invece lanciassero una testata atomica per impedire agli zombie di propagarsi dall'Italia alla Svizzera tedesca?” ho chiesto io.
“Non disponiamo di quell'arma, recluta. Al massimo qualche missile aria-terra, ma senza i Gripen la vedo dura.”
Alle 21 il telefono non era ancora squillato.
“Penso che me ne uscirò un attimo”, ho detto a loro due prima di alzarmi. “Controllate voi il telefono?” Era sdraiato sul tagliere, tra il coltello e tre fette di salame.
“Nessun problema.”
Sono uscito e me ne sono trovato uno a due metri, con le braccia allungate verso me, il naso schiacciato e un orecchio penzolante. Sono indietreggiato e sono caduto a terra.
“ZOMBIE!”
Viola e Massi sono usciti di corsa dalla cantina con gli zaini e BUM: il morto vivente è stato freddato con un colpo di Fas 90.
Lei gli ha dato una sberla sulla spalla. “Ti farai sentire, così!”
Lui ha tenuto l'occhio sul mirino. “A questo punto non conta più un cazzo” e ha fatto cenno verso i vitigni. Ho allungato il collo: decine di morti viventi stavano combattendo con le viti e i cavi di ferro per raggiungerci, ma una dozzina erano già in rotta verso di noi.
“PER IL BOSCO!” ha gridato lui e abbiamo iniziato a muoverci.
Dopo una cinquantina di metri mi sono bloccato.
“Ma... Il telefon–”
“CORRI RECLUTA, CAZZO CORRI!” e mi ha afferrato per il colletto, trascinandomi in avanti per una decina di metri.
Nel bosco ce n'erano altri e abbiamo continuato a schivare e a cambiare direzione finché non ne abbiamo più visti. Abbiamo quindi rallentato il passo e ci siamo guardati intorno.
“Rimaniamo tra gli alberi, se ci avviciniamo alle strade siamo finiti” ha sussurrato Viola.
“Cosa facciamo?” ho chiesto.
“Avanzare è troppo rischioso, non c'è abbastanza luce. Rischiamo di trovarcene uno davanti senza nemmeno saperlo” ha risposto Massi.
Lei ha annuito e alzato l'indice. “Cristiano, ce le hai ancora le corde, no? Be', troviamoci un ramo. Passeremo la serata qui sopra.”
E quindi eccoci qui, col mio PC agli sgoccioli, il contatto con la radio saltato e il telefono perso. Ah, e anche un ramo a tre metri da terra fine e comodo come un palo di una ringhiera.

Può andare peggio?