Il
portellone del Saab 2000 sembra bloccato, forse a causa dell'acqua e
del ghiaccio. Rimarremo a bordo fino a domattina almeno, speriamo che
la temperatura si alzi. E che la neve si sciolga, così da far
entrare un po' di luce dai finestrini.
La
stessa situazione di stallo vissuta al salone, con la differenza che
là eravamo accerchiati da decine di zombie. Ci abbiamo messo
l'intera notte a preparare un piano e a radunare il necessario, con
lo sguardo rivolto ogni pochi secondi alla vetrina per paura di esser
stati visti. Alle prime luci dell'alba di ieri, siamo strisciati
vicini alla porta con Viola davanti.
“Siete
pronti?” Abbiamo annuito. “Allora andiamo.”
Ha
abbassato la maniglia e ha tirato la porta verso di sé, un
centimetro alla volta. Tra noi e i due SUV incolonnati davanti al
negozio c'erano tre zombie, ma avevano lo sguardo rivolto verso Ponte
Tresa: non ci avevano notato. Viola ha allungato la testa e guardato
a sinistra.
“Okay”,
ha sussurrato, “fino alla porta dell'armeria ce ne sono solo
quattro. Preparatevi.”
Io
e Massi abbiamo afferrato con la mano destra una bamboletta di lacca,
mentre con la sinistra reggevo io un accendino, lui il suo Zippo.
“Okay, ripetiamo la procedura: voi andate davanti e io sfilo a
sinistra. Andiamo.”
Lei
si è abbassata e io e Massi le siamo passati davanti, sullo stipite
della porta. Abbiamo acceso gli accendini e premuto sui tappini delle
bombolette, creando fiamme lunghe due metri. Massi ha puntato la
lingua di fuoco verso due zombie sulla destra, io ho liberato la via
sulla sinistra. Quasi non si sono resi conto di avere i vestiti
incendiati, e prima che si buttassero addosso a noi li abbiamo spinti
via con dei calci all'altezza dello stomaco.
“Muoviti,
muoviti!” ho gridato a Viola.
Lei
è sgattaiolata davanti alla vetrina dell'armeria e ha spinto sulla
porta. “Chiusa anche questa, cazzo!”
Intanto
gli zombie si stavano affollando intorno a noi e si facevano sempre
più vicini, nonostante le fiammate. La mia per di più si faceva
sempre più corta, la bamboletta si stava scaricando e ne avevo solo
una mezza vuota di riserva.
“Piano
B, piano B!” ho urlato e Viola ha estratto il martello che aveva
trovato in un angolo del salone. Ha cominciato a colpire la base
inferiore della porta vetrata finché non ha creato un varco
abbastanza largo da passarci.
“Ce
l'ha fatta, è entrata?” mi ha gridato Massi.
“Sì,
tieni duro.”
Dopo
pochi secondi Viola ci ha aperto e siamo entrati di corsa. Viola ha
spinto la porta ma uno di loro si era già fatto avanti e aveva
allungato le braccia, impedendole di chiuderla.
“Allontanatelo,
allontanatelo!”
Abbiamo
iniziato a colpire con i coltelli le braccia dello zombie, ma non
sembrava sentire niente.
“AAAAH!”
ha gridato Viola prima di cadere a terra.
Abbiamo
abbassato lo sguardo: uno di loro era scivolato attraverso il buco e
l'aveva afferrata per uno stivale. Gli ho conficcato un coltello in
testa, ma un altro si stava già facendo sotto.
“Non
ce la faremo mai, andiamo!” ho detto a Massi.
“E
ce ne andiamo senza neanche prendere un'arma?”
“Non
c'è tempo, dobbiamo muoverci. Viola, vai ad aprire la porta sul
retro.”
Lei
è andata via. “Io non me ne vado senza delle munizioni” mi ha
gridato Massi mentre tirava calci agli zombie a terra e colpiva con i
pugni quelli davanti alla porta.
“Non
c'è scelta, lo capisci?”
Ci
ha interrotti la voce di Viola.
“Ragazzi,
la via è libera – muovetevi!”
Ho
abbandonato la porta e sono corso da lei, dopo qualche secondo mi ha
seguito Massi. Le munizioni e le armi erano tutte chiuse dietro a
vetrine con serrature, né io né lui siamo riusciti a prendere
niente.
Siamo
usciti e ci siamo allontanati il più in fretta possibile dalla massa
di zombie ammucchiata contro la finestra del salone Patty. Ci hanno
inseguito, ma abbiamo allungato di molto il giro nei boschi per
sviarli. Tra un cespuglio e un albero, ho notato che Viola aveva una
faretra piena di frecce sulla schiena.
Almeno non torniamo a mani vuote, ho pensato.